Inventarsi un mestiere
Mi chiamo Paola Pellino, sono figlia di una sarta di atelier, cresciuta tra tessuti e abiti meravigliosi, sfogliando Vogue, Linea Italiana e Collezioni, come sottofondo il rumore della macchina per cucire.
Vivo a Torino, città che è stata capitale della moda, celebre per l’eccellenza delle sue attività manifatturiere e artigianali.
Ho lavorato a lungo come buyer per un importante concept store torinese e con il tempo ho iniziato a sviluppare una nuova consapevolezza sulla moda, la mia passione.
Grazie alla mia curiosità e alla voglia di apprendere da altre culture ho viaggiato all’estero, soprattutto in Giappone e Inghilterra, entrando in contatto con tanti artisti tessili.
Nel 2017 ho conosciuto Tom of Holland, esperto e maestro di visible mending. L’ho invitato a tenere un workshop a Torino, cui hanno partecipato aziende di moda e privati. Da quel momento ha preso vita il mio nuovo percorso lavorativo.
Dopo qualche mese è nata La guardarobiera, un progetto che valorizza la storia dei nostri capi dando loro nuova vita, con uno sguardo lontano dalla filosofia dell’usa e getta. Con il visible mending racconto la storia dell’indumento e trasformo il difetto in un dettaglio unico ed esclusivo, da indossare con orgoglio.
Perché la guardarobiera?
Quando ho avviato la mia attività, ho impiegato diverso tempo per trovare un nome che raccontasse ciò che faccio: allora in Italia nessuno conosceva il visible mending. Volevo un nome che trasmettesse un concetto, un valore che andasse oltre la riparazione. Un giorno per caso, una persona mi disse che amava mettere ordine negli armadi, proprio come una guardarobiera. Andai a cercarne la definizione sul dizionario e sembrava calzare a pennello con il mio progetto.
Non sapevo ancora cosa andavo costruendo, eppure, con la caparbietà della pioniera e una visione in testa, ho iniziato il percorso. Ho unito le mie conoscenze sulla moda e sui tessuti, la mia passione per il bello, il mio amore per il cucito, il ricamo e il rammendo, la mia curiosità e il mio interesse per le storie, dei vestiti e delle persone.
Oggi organizzo corsi online e workshop in presenza. Realizzo progetti di visible mending su commissione e offro consulenze B2B e B2C.
Pratica, pratica e ancora pratica: l’ago e il filo sono compagni di vita e di viaggio. Là dove c’è un buco, uno strappo, un logorio del tessuto, una smagliatura, arrivo io.
Ho collaborato alla realizzazione della capsula Capi Unici, una serie di cappotti vintage americani anni ’50-’60 provenienti dall’Archivio di ricerca Mazzini, dipinti, numerati a mano e restaurati con il visible mending. La capsula è stata presentata nel 2018 durante l’ultima edizione di Dreamers Torino, una parte di questi cappotti è tuttora custodita nell’Archivio di ricerca.
Ho partecipato alla realizzazione di Iconica, format torinese nato nel 2018 con l’obiettivo di raccontare un’icona della moda, dell’arte e della cultura. Nella prima edizione, dedicata a Yves Saint Laurent, ho curato la sfilata dei capi della Maison, provenienti da una collezione privata, in collaborazione con Marco Polo Torino e Cavalli e Nastri Milano.
Per l’edizione Iconica 2019, dedicata alle storiche sartorie torinesi, ho raccontato e presentato a Palazzo Chiablese un soprabito sartoriale degli anni ’50, costellato di rammendi in lamé dorato.
Sono stata docente di laboratorio presso lo IED di Torino per l’anno accademico 2019/2020 e sono intervenuta durante una lezione di moda sostenibile presso lo IED di Milano.
Ho scritto un libro sul rammendo visibile, pronto per essere pubblicato.
Ho curato la traduzione dall’inglese di Mending Life di Nina e Sonya Montenegro. L’edizione italiana Con Ago e filo è uscita il 31 gennaio 2024 per Quinto Quarto Edizioni.
Cosa mi rende felice
- Scoprire le storie di culture vicine e lontane.
- La pace del ricamo e del rammendo, ascoltando musica o un podcast.
- La libertà di creare prolungando la vita di un indumento.
- Accarezzare i rammendi del passato.
- Trovare tessuti e filati in una vecchia scatola ed emozionarmi come fosse Natale.
- Raccogliere fili e cascami dal pavimento, potrebbero sempre tornare utili.
- Legare i ritagli di tessuto con un nastro inventato.
- Scegliere i filati da rammendo tra mille sfumature di colore, come caramelle assortite.
I vestiti raccontano molto di noi, dal primo istante in cui li scegliamo.
Mi piace scoprire il rapporto che abbiamo con ciò che indossiamo: i vestiti sono il nostro involucro, la nostra seconda pelle, la nostra arma di difesa, il nostro biglietto da visita.
Da bambina osservavo le persone e immaginavo storie, inventavo personaggi partendo dai loro abiti. Oggi più che mai sono in contatto con gli indumenti delle persone, carichi di storia e di vita, consumati, danneggiati. Restano con me per un periodo, poi ritornano ai loro proprietari e continuano il loro viaggio. A volte incontro persone che mi dichiarano la loro felicità di portare ancora quel capo rammendato da me…
Rammendare è un atto d’amore
Quando una persona mi affida un indumento, desidero sapere che cosa rappresenta, come ne è entrata in possesso e da quanto tempo. Mi aiuta ad entrare in sintonia con la persona, per trovare la chiave di lettura del progetto che andrò a realizzare.
Ogni indumento ha una storia fatta di emozioni, ricordi, sensazioni, momenti di gioia e momenti tristi, fili che si intrecciano nei fili. Mi interessa conoscere questo lato intimo e quotidiano. Prendendolo in carico ne sento la responsabilità e ripararlo acquista così un significato importante.
Il rammendo oggi è l’espressione di un mondo ormai rarefatto e sommerso, spesso sottovalutato o sconosciuto, per la massiccia invasione del fast fashion che ha portato a non saper dare il giusto valore alle cose. Maglione bucato? Jeans strappato? Vale la pena ripararlo? Tanto vale buttarlo e comprarne uno nuovo senza porsi troppe domande. Tuttavia ogni volta che acquistiamo un nuovo indumento e lo indossiamo per un tratto della nostra vita, ne siamo responsabili perché quando decidiamo di eliminarlo, questo continuerà ad esistere, da qualche parte, lontano da noi.
Rammendare è un atto d’amore, che richiede ascolto, cura, rispetto, attenzione, tempo e pazienza.